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Nuovo processo per migliorare la stabilità delle batterie allo stato solido

La ricerca in ambito batterie allo stato solido procede su più fronti. Gli scienziati dell’Oak Ridge National Laboratory negli Stati Uniti, hanno affermato di aver sviluppato un metodo scalabile e a basso costo per migliorare l’unione dei materiali nelle batterie a stato solido. Il processo prevede un impulso elettrochimico per superare il problema noto come impedenza di contatto, un termine che descrive la difficoltà di ottenere che i materiali nelle batterie a stato solido si uniscano correttamente e rimangano stabili durante ripetuti cicli di carica e scarica.

Gli approcci attuali in questo ambito si sono concentrati principalmente sull’applicazione di pressioni elevate; tuttavia, ciò può portare a cortocircuiti e dovrebbe essere riapplicato periodicamente per prolungare la durata della batteria, il che implica una costosa applicazione aftermarket.

È qui che entra in gioco la ricerca ORNL. I ricercatori hanno sostituito la pressione con un impulso elettrochimico. Elimina i vuoti che si formano quando si uniscono strati di materiale anodico metallico di litio con un materiale elettrolitico solido (in questo caso, l’elettrolita ceramico tipo granato LALZO). I ricercatori hanno scoperto che l’applicazione di impulsi brevi e ad alta tensione ha portato a un maggiore contatto all’interfaccia dei materiali senza provocare effetti dannosi.

Inoltre, il team pensa che l’approccio potrebbe essere ridimensionato per consentire la rimozione e il ripristino della batteria a stato solido, riportandola quasi alla capacità originale dopo un uso prolungato.

“Questo metodo consentirà un’architettura completamente a stato solido senza applicare una forza estrinseca che può danneggiare la cella e non è pratico da implementare durante l’utilizzo della batteria”, ha affermato Ilias Belharouak, co-responsabile del progetto e capo della sezione di elettrificazione all’ORNL. “Nel processo che abbiamo sviluppato, la batteria può essere prodotta normalmente e quindi può essere applicato un impulso per ringiovanire e aggiornare l’interfaccia se la batteria si affatica”.

L’idea per il metodo è nata da un lavoro precedente in cui i ricercatori della batteria ORNL hanno utilizzato impulsi elettrochimici per curare i dendriti dannosi che possono formarsi negli elettroliti solidi.