Home » News e novità auto » Cinque supercar europee con V8 americani

Cinque supercar europee con V8 americani

Si dice che gli americani sanno produrre ottimi motori V8. Tuttavia le loro muscle car hanno la fama di essere ottime auto sul dritto, ma guai a metterle su una strada tutta curve. In quel campo le sportive europee non hanno rivali. E allora perché non provare a offrire il meglio di entrambi i mondi: V8 americani montati a bordo di supercar europee. In diversi hanno avuto questa idea, ecco i cinque risultati migliori.

De Tomaso Pantera

Probabilmente l’esempio più famoso di supercar erupea alimentata a un motore americano è la De Tomaso Pantera. Svelata nel 1970 e lanciata sul mercato un anno dopo, era il secondo tentativo di De Tomaso di rappresentare una degna alternativa a Ferrari, Lamborghini e Maserati. Sviluppata su un telaio in acciaio all’avanguardia, aveva una carrozzeria a cuneo molto europea, progettata da Tom Tjaarda, designer di origini americane della Carrozzeria Ghia.

Il motore centrale era nato negli Stati Uniti. De Tomaso vantava una partnership di lunga data con Ford, quindi la Pantera era spinta da propulsori nati a Detroit. Inizialmente era un Cleveland da 5,8 litri prodotto in Australia capace di erogare 335 CV, ma le versioni successive ricevettero un americanissimo V8 Windsor con la stessa cilindrata da 350 CV. I modelli della seconda serie passarono a un nuovo 5 litri con iniezione elettronica utilizzato anche dalla Mustang con carrozzeria Fox.

La Pantera è l’unica auto di questa lista a sbarcare ufficialmente negli USA, dove venne venduta dal 1972 al 1975 nei concessionari Lincoln-Mercury. In Europa ha continuato a essere migliorata e commercializzata per una ventina d’anni, con l’ultimo esemplare uscito dalla catena di montaggio nel 1992.

Jensen FF

Jensen non ha la fama di altri marchi inglesi come Aston Martin o Jaguar. Nonostante ciò la FF (acronimo per Ferguson Formula) è stata una delle auto più innovative della sua epoca. Progettata e costruita a West Bromwich dal 1966 al 1971, è stata la prima vettura di serie non fuoristrada dotata di trazione integrale di serie e di un sistema ABS, prima che questi elementi diventassero di uso comune.

Sotto al cofano aveva invece un V8 americano piuttosto obsoleto: il B-Series da 6.3 litri di Chrysler. Questo big-block produceva non meno di 335 CV, consentendo alla FF di giocarsela in velocità con le molto più leggere supercar italiane. Si dice che sia stata costruita anche una Jensen FF con un 426 HEMI, ma non è mai entrata in produzione perché l’importazione di questo motore era considerata troppo costosa.

Ma la Jensen FF, nonostante fosse un’auto straordinaria, aveva un grosso difetto che le impedì di avere il successo che avrebbe meritato. Il complesso design del suo sistema di trazione integrale rendeva impossibile costruire una versione con guida a sinistra, quindi non venne mai venduta ufficialmente al di fuori del Regno Unito. Ciò portò a una produzione di sole 320 unità nei cinque anni di vita.

Monteverdi Hai 450 SS

Negli anni ‘60, Peter Monteverdi avrebbe voluto che la Svizzera fosse conosciuta nel mondo non solo per il cioccolato, gli orologi e i coltellini, ma anche per le auto sportive ad alte prestazioni. L’uomo aveva fatto fortuna importando modelli Ferrari, Rolls-Royce e Bentley, ma nel 1963 decise di costruire le proprie supercar dopo un’accesa discussione proprio con Enzo Ferrari. Cinque anni dopo fondò l’azienda che portava il suo nome e lanciò una serie di potenti gran turismo con motore Chrysler.

Il progetto più coraggioso di Monteverdi fu presentato al Salone di Ginevra del 1970, quando presentò la Monteverdi Hai 450 SS. Si trattava di un’auto leggera a motore centrale alimentata dal propulsore di muscle car più famoso di tutti: il 426 HEMI. Con una potenza di 450 CV, avrebbe consentito alla Hai 450 SS di raggiungere i 100 km/h da fermo in 4,8 secondi e sfiorare i 300 km/h.

Purtroppo quella che avrebbe potuto essere una delle supercar più entusiasmanti dell’epoca non entrò in produzione. Il motivo principale fu un test condotto dalla rivista Road&Track che dimostrò che la Hai in realtà era molto più lenta di quanto dichiarato. Questa pubblicità negativa portò i potenziali clienti ad annullare i loro ordini, costringendo gli investitori a ritirare il sostegno. Alla fine, il piano di Monteverdi di produrre 49 esemplari fallì miseramente e solo 2 unità vennero effettivamente costruite.

AC Frua

Un’altra bellissima gran turismo inglese dimenticata da tempo, la AC Frua fu costruita dal 1965 al 1973 da AC Cars, la stessa casa che costruiva la Cobra. Infatti la AC Frua era realizzata attorno al telaio leggermente modificato della Cobra 427 Mark III, un modello diventato iconico grazie al leggendario Carroll Shelby. La bella carrozzeria, disponibile sia come coupé fastback che come cabriolet, è stata progettata da uno dei più importanti carrozzieri italiano, Frua, responsabile anche della Maserati Mistral.

Sebbene avesse un aspetto decisamente italiano, la GT ingelse era alimentata da un cuore americano. Concepita per sfidare vetture Ferrari, Lamborghini e Maserati, la AC Frua aveva bisogno di molta potenza, quindi gli ingegneri scelsero il big block Ford FE da 7,0 litri che produceva 350 CV. Ma ad alcuni clienti questo non bastava, quindi scelsero il motore della Cobra da 390 CV. Come la Jensen FF, anche la Frua era troppo costosa per essere un’auto che non aveva il logo Ferrari, Lamborghini o Maserati sulla carrozzeria. Per questo AC riuscì a venderne solo 81 esemplari.

Bizzarrini 5300 GT

Giotto Bizzarrini è uno degli ingegneri italiani più influenti. Il suo progettto più famoso è stato il V12 Lamborghini, un motore che ha alimentato i modelli di punta dell’azienda dal 1964 al 2010. Prima ancora era stato ingegnere capo della Scuderia Ferrari, dove volse un ruolo fondamentale nello sviluppo di diversi veicoli stradali e da corsa, tra cui la mitica 250 GTO.

Nel 1961, Bizzarrini fu costretto a lasciare la Ferrari e iniziò una serie di progetti per diverse aziende. Fondò anche un marchio automobilistico che portava il suo nome e progettò una delle supercar italiane più sottovalutate di tutti i tempi. La Bizzarrini 5300 GT era lo sviluppo del prototipo da corsa A3/C basato sulla Grifo, che Bizzarrini sviluppò mentre lavorava con ISO Rivolta, nonché l’erede spirituale della Ferrari 250 GTO. Era disponibile sia nella versione da competizione (Corse) che in quella stradale (Strada), alimentata dal leggendario motore Chevrolet. Scelto per la sua convenienza e affidabilità, lo small block da 5,4 litri è stato leggermente messo a punto da Bizzarrini per produrre 370 CV nella Strada e 405 CV nella Corsa.

Tra il 1964 e il 1968, l’azienda costruì 133 vetture stra stradali e da competizione, una delle quali gareggiò a Le Mans nel 1965, classificandosi nona assoluta e vincendo la sua classe. Oggi un’azienda chiamata Pegasus Brands ha rilanciato Bizzarrini e, oltre a una futura hypercar con motore V12 chiamata Giotto, ha lanciato una serie revival della 5300GT Corsa che sarà prodotta in 24 costosissimi esemplari.