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Non tutto il touch viene per nuocere… o forse si

E pensare che negli anni ’80 e ’90 i più o meno timidi tentativi di promuovere la strumentazione digitale non avevano attecchito secondo le attese. Ricordate ad esempio alla Fiat Tipo, tanto per rimanere in ambito nazionale. Quei numeri squadrati e quei segmenti di luce che si accendevano e spegnevano a seconda dei comandi, non avevano acceso nell’utente finale quel desiderio di digitale. Meglio una lancetta che si muove avranno pensato.

L’attuale crisi dei chip ha costretto le case a rivedere alcuni piani relativamente ai loro quadri strumenti digitali e sistemi multimediali. Comparti che di fatto hanno preso una sola direzione, ovvero quella di ridurre ai minimi termini il numero di elementi fisici, vedi tasti e bottoni, a favore di display touch e simili. Con l’aggiunta in alcuni casi dei comandi gestuali e la conferma di come siano quelli vocali a fare davvero la differenza. Tutto decisamente affascinante e in linea con i tempi che stiamo vivendo.

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Sia chiaro che, a prescindere dai chip, non ci sarà un ritorno al passato, se mai ci saranno alcune linee di prodotto che non potranno soddisfare certe specifiche, ma solo per il periodo limitato a questa carenza. Che, stando anche alle recenti dichiarazioni del CEO di Bosch, avrà ripercussioni almeno sino al 2022. Una premessa utile per fare una breve analisi su quanto l’evoluzione della strumentazione di bordo possa essere considerata o meno un effettivo vantaggio lato guidatore (e certamente passeggeri).

Ma cosa tocchi!?

La più recente tecnologia capacitativa ha migliorato profondamente l’interazione con gli attuali display touch, che di fatto rappresentano la soluzione totalitaria di quasi tutti i costruttori. Anche il trittico Audi, BMW e Mercedes ha dovuto cedere all’esperienza touch, pur conservando parte dell’impianto fatto di rotelle e touch pad.

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Il problema, non è tanto la questione di dover esercitare una determinata pressione sullo schermo, azione che di fatto appare come immediata in un mondo dominato dagli smartphone. La questione riguarda di fatto il numero di menù che la multimedialità di oggi mette a disposizione degli utenti. Spesso decisamente complessi e ricchi di una serie di sotto menù che rendono le operazioni ancora più complicate.

Per questo Android Auto e Apple CarPlay sono sempre più spesso l’ideale sostituto degli impianti multimediali di bordo. Dopotutto sono lo specchio dello strumento che siamo più soliti utilizzare. Utili fintanto ci si deve adoperare alla voce navigazione e a quella musicale. Perché in fatto di comfort (vedi ad esempio la climatizzazione) bisogna nuovamente (e ovviamente) affidarsi all’auto.

Cosa c’è di strano? Nulla. Se non fosse che su alcuni veicoli è necessario adoperarsi solo attraverso il display touch, oppure sono presenti dei comandi realizzati secondo lo stesso formato. Quando invece una manopola sarebbe stata decisamente più immediata e “sicura”. Si perché se la scenografia si evolve ed è sempre più proiettata alla digitalizzazione, ma la sicurezza in certi casi latita.

Indubbiamente chi si trova alla guida dovrebbe avere la coscienza di non guardare altro se non la strada, ma la realtà è ben diversa. Tutta questa serie di menù e sotto menù e la necessità di indirizzare le dita sull’icona corretta per “centrare” il proprio obbiettivo, non fanno altro che distogliere lo sguardo dalla strada. Quando invece le manopole del passato erano certamente più intuitive dello schema attuale. Uno schema a cui certo ci si può abituare, ma mai in modo totalizzante.

E poi, il numero di ditate che qualifica gli schermi touch è proporzionale alle ore trascorse in auto. Indubbiamente l’evoluzione dei comandi vocali rappresenta la classica “manna dal cielo”, sebbene non sia in grado di coprire tutte le nostre necessità (almeno sino ad oggi) ma allo stesso tempo è così difficile resistere dalla tentazione (un po’ fanciullesca) di toccare quanto a disposizione in auto, quando invece dovremmo focalizzarci sulla guida.