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Sapete come è fatto il materiale per vivere sull’acqua?

Certo non si tratta di imbarcazioni, ma in qualche modo l’acque centra eccome, e ci sembrava interessante condividere questa notizia con voi. I sostenitori del Seasteading hanno come obiettivo (o, forse, sogno) quello di vivere in una società galleggiante con una geografia fluida, libera da governi e navigante in acque internazionali. Tuttavia, per realizzarla avranno bisogno di qualcosa su cui costruire la loro utopia: un ostacolo non da poco, considerato che vi è la necessità di trovare qualcosa di sufficientemente non inquinante e resistente da reggere edifici, infrastrutture e, naturalmente, persone.

Ora, al di là della realizzabilità effettiva del progetto, e nonostante l’idea di creare città-stato galleggianti non sia certo nuova, recentemente abbiamo letto di uno spunto che potrebbe essere molto concreto e fruibile, laddove un giorno qualcuno volesse ricreare un proprio Waterworld.

Seabrick è infatti una piccola azienda che ha sviluppato i Seabricks, una sorta di set Lego galleggianti, le cui forme complesse possono facilmente incastrarsi tra loro per creare piattaforme e strutture su acqua. Secondo il Seasteading Institute, il costo di questi componenti è inferiore del 72% rispetto al cemento galleggiante, con un prezzo di circa 350 euro per tonnellata contro 1.200 euro per tonnellata del cemento galleggiante. Non solo: la durata sarebbe almeno comparabile a quella dell’alternativa principale. Inoltre, rispetto ai pontili metallici, il prezzo per tonnellata dei pontili in alluminio è superiore dell’83% e di quelli in acciaio del 58%. Numeri che migliorano ulteriormente se si creano pontili cavi con il Seabricks.

Questi mattoncini ecologici sono realizzati principalmente di kelp o sargassum – un’alga che diventa abbastanza odorosa quando si decompone. Secondo Seabrick, raccogliere queste alghe dalle coste equivale dunque a un servizio pubblico: la società si prenderebbe il disturbo di evitare che sulle coste si accumulino le alghe, occupandosi poi di essiccarle, sminuzzarle e, poi, di combinarle con alcuni additivi di origine biologica e fonderle in una pressa a compressione prima di essere rivestite con un polimero non tossico.

Il risultato sono mattoncini biosostenibili, con cui costruire infrastrutture marine di ogni tipo, dai frangiflutti e dalle piattaforme offshore alle case galleggianti e alle comunità oceaniche. Una volta terminata la costruzione, o quando si decide che è giunto il momento di costruire un secondo piano, la struttura può essere accuratamente smontata, modificata o ricostruita riutilizzando i mattoni originali…